Pozzuoli (lunedì, 20 ottobre 2025) — Da questa mattina anche l’istituto superiore “Pitagora” di Pozzuoli è occupato dagli studenti. Dopo il liceo “Virgilio”, la protesta si allarga, con centinaia di giovani che hanno deciso di trascorrere la giornata all’interno dell’edificio del Rione Toiano, appendendo striscioni che parlano chiaro: “Pitagora occupato. Blocchiamo tutto. For Palestine” e “Pitagora occupato. Free Gaza”. L’atmosfera, a differenza di altre forme di protesta del passato, è tranquilla e partecipata: la scuola è aperta anche a docenti e personale, segno di una volontà di confronto più che di scontro.
di Nicola De Dominicis
Gli studenti, infatti, non rivendicano solo un gesto politico, ma una presa di posizione etica e collettiva. Dopo mesi di conflitti, la recente firma dell’accordo di pace tra Israele e Palestina, avvenuta pochi giorni dopo la liberazione degli ostaggi, ha riportato la questione mediorientale sulle prime pagine dei giornali. Tuttavia, tra i ragazzi, prevale la sensazione che la pace non basti a chiudere una ferita ancora aperta.
Molti di loro percepiscono che “la guerra non finisce con la firma”, e che la vera sfida oggi sia non voltarsi dall’altra parte. È un messaggio che attraversa le aule e i corridoi del “Pitagora”: la consapevolezza che la solidarietà internazionale non si misura solo con i gesti simbolici, ma con la capacità di mantenere viva l’attenzione sui diritti, le disuguaglianze e le responsabilità collettive.
Dalla protesta di Pozzuoli emerge anche un altro aspetto: la maturità di una generazione che vuole discutere, informarsi, mettere in discussione le versioni ufficiali e i limiti della narrazione mediatica. Come già accaduto al liceo “Virgilio”, l’intenzione è di trasformare l’occupazione in un’autogestione, dove dibattiti, incontri e momenti di approfondimento diventino spazio di crescita e coscienza civile.
Il gesto degli studenti del “Pitagora” non è dunque un atto di ribellione fine a sé stesso, ma una richiesta esplicita: non dimenticare la Palestina, nemmeno ora che le diplomazie parlano di pace. Perché per molti, la pace non è solo un documento firmato, ma un percorso che inizia dal riconoscimento delle ferite ancora aperte.
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Last modified: Ottobre 20, 2025

